Una delle cose più belle dell'Iliade è leggere quanto possano essere invincibili, ma allo stesso tempo vulnerabili, gli eroi. Quanto c'è di umano e divino in quelle battaglie, dal rito di preparazione dello scudo, la prima linea di difesa di un guerriero, fino al momento della resa, della sconfitta, del passaggio a miglior vita. Eppure, anche l'indomito e indomabile Achille, colui che aveva sconfitto persino il rivale per eccellenza, Ettore, aveva un punto debole. L'esatto punto che non era stato bagnato dalle acque del fiume Stige. L'esatto punto che diventa la sua forza, ma anche la sua condanna.
Se le vacanze sono l'espediente che spesso utilizziamo per mettere in pausa il mondo, o quei pensieri intrusivi e ricorrenti, settembre, invece, assume le sembianze di un controllore al posto di blocco: ci ricorda che, al ritorno dal giro di giostra e di piacere, c'è un conto da pagare. Un conto che conta, e pesa, in base ai pesi che abbiamo lasciato dietro. Se sono piccoli, anche il conto sarà piccolo. Se sono grandi, il conto diventerà abbastanza salato. Ecco che, allora, è meglio saldare quando si hanno le possibilità per farlo. Perché, a inghiottire solo polvere, si rischia di soffocare.
Oltre a saldare quanto lasciato in sospeso, settembre è anche il mese dei nuovi inizi. Quasi come un nuovo anno. Forse meglio di un nuovo anno. Si iniziano nuovi progetti. Inizia l'anno scolastico. Si inizia a lavorare a pieno ritmo. Un inizio che non è, però, un riniziare. Perché, il prefisso "ri", posto davanti alla parola inizio, presuppone che tutto riprenda uguale a prima. Non è contemplata l'evoluzione, la naturale crescita di un individuo. Non è contemplata nemmeno l'idea che, magari, una persona non voglia riniziare come prima, ma semplicemente iniziare. Iniziare lasciandosi proprio alle spalle il fardello del prima. Iniziare guardando all'adesso. Iniziare lavorando per il dopo.
Ma, dove iniziamo noi? Davanti ai nuovi progetti, soprattutto davanti ai nuovi inizi, ci viene chiesto di essere impeccabili. Sempre pronti, all'erta, sul pezzo. Non si può sbagliare, ma bisogna fare tutto al meglio delle proprie possibilità. Eppure, nonostante siamo noi a condurre i nuovi inizi, i nuovi progetti, la nostra vita, nessuno ci chiede chi siamo noi, dove iniziamo noi. Senza due mani che, salde, si ancorano al volante, una macchina si schianterebbe dopo pochi metri. Lo stesso vale per gli inizi che decidiamo di intraprendere. Siamo noi che li guidiamo, e non il contrario. Siamo noi che definiamo i nostri obiettivi, non sono gli obiettivi che ci definiscono.
Perché, noi iniziamo prima dei nuovi inizi. Iniziamo nei nostri pensieri, nelle nostre parole e, poi, nelle nostre azioni. Iniziamo non nella perfezione, ma nell'incertezza che tanto appartiene alle nuove esperienze. Iniziamo dall'ansia e dalla paura. Noi iniziamo soprattutto dalla vulnerabilità, grazie alla vulnerabilità. Infatti,
Ciò che ti rende vulnerabile ti rende anche bello.
La bellezza risiede proprio nella vulnerabilità che ci rende tutti diversi, e per questo tutti uguali. Una vulnerabilità che non è debolezza, o vittimismo, ma essenza dell'uomo, parte intangibile, e allo stesso tempo toccante, della nostra esistenza.
Lo stesso Achille, che dell'invincibilità aveva fatto il suo mantra, si scopre vulnerabile, e per questo umano, in quella piccola porzione di corpo che per molti sembra insignificante: il tallone. Tallone che predice la sua fine, tallone che diventa la sua fine. Tutti i talloni di Achille che abbiamo ci ricordano che siamo umani. Umani nelle nostre fragilità. Umani come tutti gli altri esseri umani. Umani con alti, bassi, note intonate e note stonate. E, se le note stonate ci fanno vibrare l'orecchio, è perché dobbiamo solo abituarci ad una nuova melodia.